Miliardi per il ponte sullo stretto, ma la nuova E45 resta ferma

Come è logico, si parla molto del progetto del ponte sullo stretto di Messina. Dopo il via libera del Cipe il ministro Salvini è al settimo cielo. Che sia un’opera storica è fuori di dubbio. Che fosse necessaria è altrettanto vero. Il problema sono i costi (oltre 13 miliardi di euro) e, soprattutto, le coperture. Quando ci sarà chiarezza su queste potrà essere dato un giudizio più preciso. La speranza è che il progetto non abbia prosciugato i soldi a disposizione del ministero. Se così fosse anche un keynesiano convinto inizierebbe ad avere forti dubbi sull’utilità dell’opera. Non si capisce invece perché non sia stata battuta la strada del project financing. Trovare un’impresa o un pool non sarebbe stato difficile e Salvini avrebbe avuto l’opera che bramava senza che lo Stato spendesse un euro. 

Altra cosa che non si riesce a capire è perché lo Stato spende oltre tredici miliardi di euro e tiene bloccato il progetto della E45 trasformata in autostrada che non costerebbe niente alle casse pubbliche perché era stata scelta la strada del project financing. E, siccome per risparmiare non si bada a spese, il ministero continua a spendere caterve di soldi per i lavori di sistemazione. Denari che se la superstrada fosse privatizzata Roma non dovrebbe più versare. 

La storia è nota. C’era il via libera al progetto Bonsignore. Fu approvato dal governo Letta (c’era già il via libera anche del Cipe) e accantonato da Renzi. E’ la Mestre-Civitavecchia, la dorsale appenninica che sarebbe la porta di collegamento verso l’Europa dell’Est. Un’opera che allora sarebbe costata circa otto miliardi di euro che non solo potrebbe generare occupazione, ma sarebbe strategica per il sistema Romagna. Sarebbe un asse fondamentale per lo sviluppo del territorio. Se lo svincolo di Cesena fosse messo in rete con il porto di Ravenna e l’aeroporto di Forlì potrebbe creare un polo alternativo a quello di Bologna facendo della Romagna uno snodo altrettanto importante e tra i più importanti d’Europa, quindi in grado di attrarre investimenti importanti che potrebbero garantire uno sviluppo consistente portando la Romagna allo stesso livello dell’Emilia.

Ma tutto è fermo da oltre dieci anni. Ma il progetto esecutivo c’è ancora. E’ chiaro che i costi saranno lievitati. Gli otto miliardi di allora non basteranno certo. Ma non sarebbe un problema.

Inoltre finalmente si risolverebbe il problema della sicurezza di una strada nata vecchia e che continua a presentare un’enormità di problemi. Nei primissimi anni Settanta il primo numero della rivista Romagna in copertina titolava “E7 l’incompiuta”. L’E7 è l’attuale E45. Cambiano i fattori, ma non il prodotto: incompiuta era e lo è ancora e lo resterà se non diventerà autostrada.

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