Il presidente cambia le regole

Si scrive barriere tariffarie e si legge dazi. Furono introdotti dagli Stati Uniti a inizio 2018 ed ora sono tornati di estrema attualità. L’obiettivo del nuovo presidente Usa è chiaro: cambiare le regole del gioco degli scambi globali per far valere il peso degli Stati Uniti in contrattazioni bilaterali. Uno schiaffo alla globalizzazione o, addirittura, all’ equilibrio dei poteri (ordine mondiale).

Tutto è iniziato con l’emergere del gigante cinese la cui esplosione industriale ha spiazzato intere filiere produttive determinando, secondo alcune stime, la perdita di almeno un milione di posti di lavoro nel manifatturiero americano. Ma adesso Trump va oltre usando i dazi come una clava. 

Però rischia di essere un’arma a doppio taglio, perché la risposta protezionistica ha effetti controproducenti per l’economia Usa ed è  destabilizzante per gli equilibri geo-economici globali. Nel caso di acciaio e alluminio, i dazi favoriscono l’attività siderurgica Usa, ma penalizzano molti settori manifatturieri domestici che si riforniscono di metallo. Secondo alcuni studi l’effetto sarebbe negativo per l’economia statunitense. 

Le barriere tariffarie poi danneggiano i partner commerciali. Compresi quelli esentati, perché distorcono i flussi di scambio e interrompono le catene globali del valore, provocando reazioni uguali e contrarie da parte dei paesi colpiti. Non a caso la borsa, a partire da quella americana, ha reagito male. 

Perché il pericolo è cadere in una spirale di misure e contro-misure protezionistiche:  una guerra commerciale.

Dopo l’acciaio ora l’interesse si sposta ai settori agricolo e alimentare, con grossi rischi per l’Italia. 

Trema il settore vinicolo per il quale il mercato Usa vale quasi due miliardi di euro di export (un quarto del totale). In generale i timori riguardano tutto l’agroalimentare che nel mercato a stelle e strisce ha il suo principale riferimento extra Ue. Il valore dell’ export è di 7,8 miliardi contro i 69 totali.  Quindi oltre al vino tremano pasta, olio e formaggi. C’è poi un altro problema: noi acquistiamo molti prodotti americani che rischiano di essere colpiti dai dazi introdotti dalla Ue e che poi usiamo nella nostra filiera di trasformazione con inevitabili impennate del costo del prodotto finito.

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